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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA OCNUS Quaderni della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici 17 2009 ESTRATTO Direttore Responsabile Sandro De Maria Comitato Scientifico Sandro De Maria Raffaella Farioli Campanati Richard Hodges Sergio Pernigotti Giuseppe Sassatelli Stephan Steingräber Coordinamento Maria Teresa Guaitoli Simone Rambaldi Editore e abbonamenti Ante Quem soc. coop. Via C. Ranzani 13/3, 40127 Bologna tel. e fax + 39 051 4211109 www.antequem.it Redazione Valentina Gabusi Traduzione degli abstracts Marco Podini Abbonamento € 40,00 Richiesta di cambi Dipartimento di Archeologia Piazza San Giovanni in Monte 2, 40124 Bologna tel. +39 051 2097700; fax +39 051 2097701 Le sigle utilizzate per i titoli dei periodici sono quelle indicate nella «Archäologische Bibliografie» edita a cura del Deutsches Archäologisches Institut. Autorizzazione tribunale di Bologna n. 6803 del 17.4.1988 Senza adeguata autorizzazione scritta, è vietata la riproduzione della presente opera e di ogni sua parte, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. ISSN 1122-6315 ISBN 978-88-7849-038-3 © 2009 Ante Quem soc. coop. INDICE Presentazione di Sandro De Maria 9 ARTICOLI Preistoria e protostoria Lorenc Bejko Life and Death in the periphery of the Mycenaean world: cultural processes in the Albanian late Bronze Age 11 Nicola Bianca Fábry Lo scarabeo della tomba 7 di Monterenzio Vecchio e le parures d’ambra delle necropoli etrusco-celtiche della valle dell’Idice 23 Andrea Gaucci Coppa da una tomba villanoviana di Vetulonia: fenicia o siriana? 29 Franco Marzatico, Lorenza Endrizzi Un nuovo cinturone villanoviano dai Campi Neri di Cles (Trentino) 45 Culture della Grecia e di Roma Cornelia Isler-Kerényi Antefisse sileniche fra Grecia e Italia 55 Archeologia tardoantica e medievale Andrea Augenti, Andrea Fiorini, Massimiliano Montanari, Massimo Sericola, Alberto Urcia, Fabio Zaffagnini Archeologia dell’architettura in Emilia-Romagna: primi passi verso un progetto organico 65 Maria Teresa Guaitoli, Andrea Baroncioni, Massimo Zanfini Lo scavo della chiesa di Santa Maria Maggiore a Trento 77 Archeologia orientale Gabriele Bitelli, Marco Bittelli, Federica Boschi, Nicolò Marchetti, Paola Rossi, Luca Vittuari An Integrated Approach for the Use of GPS and GPR in Archaeological Sites: a Case-Study at Tilmen Höyük in South-Eastern Turkey 89 5 Ocnus 17, 2009 Gian Luca Bonora, Zholdasbek Kurmankulov Nomadi e agricoltori nel delta del Syrdarya (Kazakhstan) fra l’età del Bronzo e l’antica età del Ferro 101 Angelo Di Michele L’architettura sacra nella Siria dell’età del Bronzo Antico 119 ARTICOLI-RECENSIONE Lorenzo Mancini Rituale e strutturazione del paesaggio sacro negli Asklepieia della Grecia 133 Luisa Mazzeo Saracino Lo studio della ceramica archeologica e il manuale tecnico di Ninina Cuomo di Caprio 138 Simone Rambaldi Qualche riflessione sulle mostre archeologiche degli ultimi anni in Italia 142 SCAVI DELLA SCUOLA E DEL DIPARTIMENTO DI ARCHEOLOGIA Introduzione di Sandro De Maria 149 Italia Albinia (Grosseto) Claudio Calastri, Daniele Vitali 151 Casacalenda (Campobasso) Lorenzo Quilici 153 Classe (Ravenna), suburbio Giuseppe Lepore, Giovanna Montevecchi 155 Corinaldo (Ancona), Chiesa di Santa Maria in Portuno Giuseppe Lepore 158 Emilia-Romagna, scavi di archeologia medievale Andrea Augenti, Mila Bondi, Enrico Cirelli, Nicola Mancassola, Giorgia Musina, Enrico Ravaioli 162 Ercolano (Napoli) Antonella Coralini, Daniela Scagliarini Corlàita 180 Fondi e Itri (Latina) Lorenzo Quilici 182 Galeata (Forlì-Cesena), Villa di Teoderico Riccardo Villicich, Marialetizia Carra 184 6 Indice Marzabotto (Bologna) Elisabetta Govi 189 Monterenzio Vecchio (Bologna) Lisa Guerra, Thierry Lejars, Vanessa Poli, Barbara Vaccari, Daniele Vitali 192 Ostia (Roma) Massimiliano David, Angelo Pellegrino, con la collaborazione di Giacomo Orofino e Marcello Turci 198 Ostra (Ancona) Michele Silani, Cristian Tassinari 203 Povegliano (Verona) Nicola Bianca Fábry, Dániel Szabó 206 Roma, S. Paolo alla Regola Lorenzo Quilici 209 Suasa (Ancona) Marco Destro, Enrico Giorgi 210 Sutri (Viterbo) Lorenzo Quilici 219 Valle del Sinni (Matera e Potenza) Lorenzo Quilici 220 Albania Phoinike Sandro De Maria 221 Croazia Burnum Enrico Giorgi 226 Egitto Bakchias (Fayyum) Sergio Pernigotti 231 Francia Bibracte Enrica Camurri, Rosa Roncador 234 Grecia Gortyna (Creta) Isabella Baldini Lippolis 239 Kos Isabella Baldini Lippolis 241 7 Ocnus 17, 2009 Siria Bosra Raffaella Farioli Campanati 244 Uzbekistan Samarcanda Amreddin Berdimuradov, Rita Dimartino, Dario Giorgetti, Simone Mantellini 246 8 Ocnus 17, 2009, pp. 55-64 ANTEFISSE SILENICHE FRA GRECIA E ITALIA Cornelia Isler-Kerényi How can we explain the recurrent presence of the satyr motif in the figurative architectural decoration of the Etruscan temples? After a brief survey of the motif’s “journey” from Aetolia to Magna Grecia and, finally, to Etruria, the search for a possible common denominator of the entire repertory will be carried out: the gorgoneion, the nymph, the head of Acheloo, vegetal motifs and, in a subsequent phase, the lion’s head. The hypothesis that the roof of the temple was thought to be a connecting zone from the terrestrial level (where the trees, inhabited by the nymphs, partners of the satyrs, are born and grow up) to the divine one (from which fresh water, symbolized by Acheloo, originates) seems likely. The fact that the satyr might at times wear the skin of a lion or a panther highlights the common role it shares with the gorgoneion or the lion’s head, as defender and guardian of the temple’s sacredness and thus of cosmic order. L’immagine di Dioniso e del suo seguito mitico è presente, sia in Grecia, sia in Etruria, assai più in ambiti personali che in ambiti pubblici e ufficiali1. A questi ultimi appartengono, in quanto raffigurazioni abbreviate del satiro, le antefisse sileniche2, cioè teste di satiro in visione frontale collocate in serie al limite orizzontale inferiore dei tetti di edifici sacri. Si pone, allora, il doppio problema del loro significato possibile oltre l’evidente scopo decorativo e della eventuale differenza fra concezione greca e concezione etrusca. Il problema del significato dei soggetti usati per decorazioni architettoniche, quasi sempre trascurato in passato, è stato affrontato per gli esempi più antichi di antefisse in Grecia – Thermos, Corfù – da M. MertensHorn (Mertens-Horn 1978) e trattato recentemente in maniera sistematica a proposito delle 1 2 In Cristofani 1986 l’unica rappresentazione di Fufluns su un tempio è Fufluns n. 63, una lastra fittile a rilievo con Dioniso e Arianna, datata alla prima metà del II sec. a.C. I supporti normali sono, oltre la ceramica, gemme, specchi, qualche cista. Le poche sculture (Fufluns nn. 55 e 62), tarde, sono di destinazione funeraria. Il termine maschera verrà qui usato per comodità, ben consapevoli del significato diverso che l’oggetto aveva perlomeno per i Greci, se non per tutti gli antichi, da quello per noi corrente: Frontisi-Ducroux 1991, pp. 912. Non si torna inoltre sulla questione né della denominazione satiro o sileno, né della sua appartenenza al mondo dionisiaco, già trattata in Isler-Kerényi 2004. decorazioni architettoniche arcaiche di Selinunte da Clemente Marconi (Marconi 2007). È con ciò superata la posizione, comoda ma anacronistica, che nega loro un senso anche religioso3. Ritenere più verosimile che un tale senso dovesse esistere non significa che ci sia di facile accesso: questo contributo non ha l’ambizione di risolvere un problema di tale portata, ma almeno di definirne i termini e stimolarne la discussione. Tempi e luoghi delle occorrenze dell’antefissa silenica Le prime antefisse sileniche note sono quelle della seconda fase, datata al 540-530 a.C., del tempio C di Apollo a Thermos (Winter 1993, p. 131; Marconi 2007, p. 272 nota 29)4. Esse si 3 4 Nello stesso senso argomenta Andrén 1974, p. 11: «È più che probabile, perciò, che tutti questi elementi di decorazione architettonica; fregi, sime, anrefisse ecc., … abbiano decorato edifici di carattere sacro e non profano». Cfr. Kästner 1982, p. 212: «Aber gerade als Schmuck des Bauwerkes sind die Dachterrakotten… immer Bedeutungsträger, die das Besondere der geschmückten Architektur hervorheben, ihren besonderen Wert unterstreichen». Antefisse simili, datate intorno al 530 a.C., sono state trovate in Etolia anche a Taxiarchos: Andrén 1940, p. clxv; Winter 1993, p. 132. 55 Ocnus 17, 2009 alternano a busti femminili e fungono da grondaie come le anonime teste maschili barbate della stessa serie. La maschera silenica entra con ciò nel repertorio delle antefisse quando è già in corso il grande momento di fioritura della decorazione architettonica figurata dei templi che inizia intorno al 560-550 a.C. (Marconi 2007, p. 16): si tratta cioè di un soggetto più recente rispetto al gorgoneion, alla testa femminile, alla protome leonina che restano i soggetti più diffusi. Questa fase corrisponde nella ceramica attica, che presenta la serie più nutrita e più coerente nell’iconografia del satiro, all’attività di Lydos, dell’Affecter e del Pittore di Amasis: in cui la figura del satiro non solo gode di particolare popolarità, ma se ne manifesta chiaramente il ruolo di intermediario fra Dioniso e gli umani (Isler-Kerényi 2004, pp. 43, 56 e 95). I fatti notevoli a Thermos sono il parallelismo dell’antefissa silenica con il gorgoneion, l’alternanza, e con ciò l’equivalenza semantica, con l’anonimo barbato e il viso femminile, e il legame concettuale con l’acqua piovana. Una maschera silenica datata al 520-510 a.C. compare anche su una sima del tempio arcaico di Artemide ad Efeso (Muss 1994, p. 120, n. 27; Simon 1997, n. 165a ), non invece fra i motivi della decorazione architettonica templare nella restante Grecia arcaica5. Quanto elencato basta però per escludere che antefisse sileniche fossero un fenomeno peculiare dell’Occidente. Il centro che in Magna Grecia adotta per primo, già nel trentennio 530-500 a.C., l’antefissa silenica in alternativa alla più numerosa gorgonica è Taranto, da dove si diffonde in altri siti della Magna Grecia (Laviosa 1954, pp. 243247; Orlandini 1983, pp. 402 s., figg. 425 e 426). In Sicilia il primato va, sul finire del VI secolo, a Naxos dove prevale persino sul gorgoneion e godrà di particolare fortuna ancora nel V secolo (Pelagatti 1965). Questo fatto è stato giustamente messo in relazione con la forte presenza del satiro, insieme a Dioniso, nella vita cultuale della città, ben documentata dalla sua monetazione (Pelagatti 1977, pp. 52-54; Franke, Hirmer1972, tavv. 2-4): un indizio chiaro della dimensione poliade, oltre che personale, del satiro, chiaramente individuabile già in Grecia (Isler-Kerényi 2004, p. 81). Le più note, anche perché ben conservate e di rilevante qualità estetica, sono le antefisse sileniche di Gela datate intorno al 470-460 a.C., rinvenute nei pressi dell’acropoli e provenienti da edifici sacri minori (Rizza, De Miro 1985, p. 229; Simon 1997, n. 167). Nella prospettiva etrusca è poi significativa la loro presenza a Capua ancor prima del 500 a.C. (Simon 1997, n. 168). La posizione inclinata del viso satiresco gli conferiva ovunque un impatto forte sullo spettatore6, simile a quello che emanava dal gorgoneion. Le antefisse sileniche greche in Italia non fungevano però più da grondaie: l’associazione con l’acqua piovana restava però presente quando, nella stessa collocazione, venivano usate maschere di Acheloo (Isler 1981, p. 18, nn. 81-84). Meno importante che in Etolia e in Etruria risulta qui l’alternanza, e con ciò l’equivalenza semantica, con la testa femminile. Da notare infine che i tipi silenici presi in considerazione, attestati tutti in un periodo in cui, in Grecia, la decorazione architettonica fittile figurata stava scomparendo (Andrén 1940, p. ccxlii), sono tutti, per quanto cronologicamente prossimi, molto diversi fra di loro sia per la forma sia per lo stile. Si tratta evidentemente sempre di adozioni e adattamenti fra di loro indipendenti dei modelli greci: di scelte, dunque, consapevoli e mirate alle esigenze locali. Questa osservazione vale nella stessa misura per le antefisse sileniche etrusche. L’antefissa silenica in Etruria Agli anni intorno al 500 a.C. o poco dopo sembrano risalire le prime antefisse sileniche note in area etrusca, quelle del tempio del Portonaccio a Veio (Colonna 1986, pp. 469 s.; Simon 1997, n. 170: 480-470 a.C.). Alla stessa serie appartengono, oltre a gorgoneia, teste femminili e di Acheloo (figg. 1-3). Quest’ultimo tipo è stato inserito nel repertorio, a quanto 6 5 56 Maschere sileniche in terracotta sono però state rinvenute a Samo, di cui una in una necropoli: Buschor 1934, p. 53. Orlandini 1954, 260: «… data l’inclinazione del tetto, le teste sileniche sporgevano nel vuoto con forte inclinazione verso il basso, così che lo spettatore, passando presso l’edificio, le vedeva incombere su di lui, di pieno prospetto, con i loro volti demoniaci». Cornelia Isler-Kerényi risulta, solo in Occidente (Isler 1970, pp. 65 s.) a ribadire il nesso concettuale delle antefisse con l’acqua. La raggiera di palmette che circonda le maschere evoca invece il mondo vegetale: come è – e resta d’altronde anche in futuro – vegetale la maggior parte della decorazione architettonica anche in tutto il mondo greco. Gli elementi vegetali, con la loro colorazione vistosa, assimilano gli edifici alle piante che crescono e si sviluppano verso il cielo: nell’immaginazione attribuiscono vita organica al materiale inerte pietra e terracotta. Il riferimento alla vita vegetale appare enfatizzato in antefisse ceretane di stile arcaizzante con maschere sileniche e femminili entro sistemi ornamentali fatti di fiori di loto alternati a palmette (Andrén 1939, tav. 17) oppure incoronati di fiori, come quelli del tempio maggiore del Vignale a Falerii (fig. 4). L’importanza semantica dei sistemi vegetali in cui sono inserite le maschere femminili e sileniche è chiaramente espressa da una lastra di Lanuvio del IV-III secolo (Andrén 1939, tav. 132, n. 459). Edera e vite, piante che più specificamente rimandano alla sfera dionisiaca, si registrano successivamente, ad esempio a Cerveteri (Andrén 1939, tav. 21, n. 69) e a Falerii (Andrén 1939, tav. 32, n. 113b), e soprattutto in area laziale (Andrén 1939, tav. 113, n. 400: Ostia; tav.121, n. 426: Segni; tav. 145, nn. 505 e 506: Satricum). Viste nell’insieme colpisce, nelle antefisse sileniche etrusche, la grande varietà nei particolari e lo sforzo evidente, durante tutto il V secolo e oltre, di attualizzarne lo stile, come si vede bene per esempio a Roma (Andrén 1939, tav. 107, nn. 383 e 384): segno che, nel mondo mentale di chi le creava e le guardava, continuavano a essere vive e attive. Antefisse etrusche con il gruppo sileno-ninfa Abbiamo già osservato il parallelismo che sussiste anche in altre aree – in Etolia, Magna Grecia e Sicilia – della maschera silenica con il viso femminile, convenzionalmente, ma impropriamente, denominato menade: la compagna naturale del satiro nell’iconografia arcaica, ed esplicitamente nell’inno omerico ad Afrodite (h. Ven. 257-263), è infatti la ninfa, così denominata anche sul cratere François7. L’equivalenza semantica delle due figure viene sottolineata in Etruria da antefisse che rappresentano il satiro e la ninfa danzanti insieme (Andrén 1939, pp. clxxxiii-clxxxv): un soggetto riscontrabile anche su requisiti bronzei del simposio e sepolcrali, come i tripodi tardoarcaici di fabbrica vulcente e i candelabri di Spina8. L’unica attestazione greca nota sono i frammenti esigui di un’antefissa o di un acroterio di Olimpia del 520-510 a.C. di attribuzione stilistica controversa: magno-greca (Douglas van Buren 1926, p. 56) o greca (Moustaka 1993, p. 49). Una ricostruzione recente ne accosta il motivo a precedenti ben noti nella ceramica attica, significativamente diversi, come vedremo, dalla formula etrusca (Moustaka 1993, tav. 47b)9. Gli esempi da Satricum, datati al 490-470 a.C., sono i più antichi fra quelli noti (Andrén 1939, tavv. 147, 148 e 149; Simon 1997, n. 210), successivi di poco alle prime maschere. La coppia si muove verso destra, con la ninfa che guida. Il satiro dal volto ancora molto simile a una maschera è incoronato di foglie di vite. In un caso tiene nella destra un serpente. Il fatto che più colpisce nel confronto con il motivo ben attestato nella ceramica attica (Moraw 1998, pp. 113-117) è l’evidente armonia fra i due: per quanto la valenza erotica del gruppo sia indiscutibile, non c’è traccia né della potenziale violenza satiresca, né di una velleità della donna di fuggire o di respingere il satiro. Quando il satiro afferra un seno della ninfa (Andrén 1939, tav. 55, n. 178) lo fa, evidentemente, in senso non aggressivo ma ludico (Andrén 1939, tav.148, n. 511). Tale atteggiamento sostanzialmente pacifico si ritrova anche nell’esempio di poco più recente di Falerii che vede il ruolo di guida affidato al satiro. Il suo attributo è questa volta un corno potorio, quello della ninfa un paio di nacchere (Andrén 1939, tav. 33, n. 114). Altri attributi in versio7 8 9 La questione della denominazione corretta e con ciò dell’interpretazione della compagna del satiro, abbozzata in Isler-Kerényi 1999, p. 554, nota 5, verrà discussa più ampiamente da Nicoletta Bonansea in Mythos, 2, 2008. Douglas van Buren 1921, tav. I; Jannot 1977, pp. 322; Hostetter 1986, p. 17. La ricostruzione tradizionale in Simon 1997, n. 208, si orienta invece sugli esempi etruschi. 57 Ocnus 17, 2009 Fig. 1. Antefissa silenica da Veio. Roma, Museo di Villa Giulia (= Andrén 1939, tav. 2.3). Foto Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, Roma. Fig. 2. Antefissa con testa di ninfa da Veio. Roma, Museo di Villa Giulia (= Andrén 1939, tav. 2.4). Foto Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, Roma. Fig. 3. Antefissa con testa di Acheloo da Veio. Roma, Museo di Villa Giulia (= Andrén 1939, tav. 3.5). Foto Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, Roma. Fig. 4. Antefissa silenica da Falerii. Roma, Museo di Villa Giulia (= Andrén 1939, tav. 29.102). Foto Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, Roma. Fig. 5. Antefissa silenica con leontè da Falerii. Roma, Museo di Villa Giulia (= Andrén 1939, tav. 34.118). Foto Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, Roma. 58 Cornelia Isler-Kerényi ni simili di altri siti evocano feste e sacrifici dionisiaci (Andrén 1939, p. clxxxiv). Una versione in stile marcatamente più recente proviene da Lanuvium: a guidare è qui la ninfa (Andrén 1939, tav. 131, n. 456). Il satiro, incoronato di fiori o fogliame, fa il gesto dello skopeuma, ben noto dall’iconografia attica del satiro già intorno al 560 a.C., che allude alla presenza, non visibile per tutti, di Dioniso e, con ciò, al ruolo di intermediario del satiro (Isler-Kerényi 2004, pp. 36 e 54). L’atmosfera conflittuale che circonda la coppia satiro-ninfa nella ceramica attica delle prime figure rosse fra la fine del VI e i primi decenni del V secolo viene vista come il riflesso del rapporto divenuto problematico fra i cittadini e le donne nella polis clistenica (Moraw 1998, pp. 255 e 266): spiegazione che si accorderebbe con l’uso simposiale, cioè maschile, dei supporti delle immagini. Un satiro, nell’ottica femminile per lo meno inquietante, viene rappresentato inoltre su monete di città greche nell’Egeo settentrionale dei decenni intorno al 500 a.C. (Franke, Hirmer1972, tav. 140, n. 435 e tav. xiv, n. 436: Thasos; tav. 123, n. 379: Lete). Tanto più spicca l’immagine di euforica armonia nel segno di Dioniso che la stessa coppia, anzi, se si immagina la serie di antefisse simili allineate sul tetto dell’edificio, il thiasos di cui fa parte (Minto 1952/53, 14), trasmette dall’alto di tanti edifici sacri etruschi. Non possiamo, a questo punto, scartare l’ipotesi che tale immagine di parità e di armonia della coppia dionisiaca possa essere un riflesso della posizione istituzionale sostanzialmente diversa dall’ateniese della donna etrusca (Rallo 2000). L’immagine di armonia conferma comunque l’interpretazione del satiro come rappresentante di una sfera “altra” e felice, staccata da quella dei mortali, da parte dei ceramografi etruschi (IslerKerényi 2008). In Grecia il satiro si muove invece nei due mondi, quello degli eroi del passato e quello umano, anzi li raccorda: per cui, in determinate situazioni, il cittadino può identificarsi con il satiro (Isler-Kerényi 2004, 33). In tale prospettiva si spiega forse sia la presenza, a Thermos, del viso barbato, manifestazione del cittadino anonimo, in alternanza alla maschera silenica, sia il suo mancare nel repertorio etrusco. Il che corrisponde al mancare, sui vasi etruschi, di immagini che alludono alla metamorfosi del cit- tadino in satiro, presenti invece nella ceramica beotica e attica. Quale possibile significato? La ninfa, complemento femminile del satiro in tutta l’iconografia, appartiene anch’essa alle sfere sia mitica che umana (Isler-Kerényi 2001, p. 94 [= Isler-Kerényi 2007, pp. 86 s.]). In entrambe le accezioni è, come noto, più di altre figure legata all’acqua: alle ninfe umane è assegnato il compito di attingere alla fontana l’acqua per l’oikos10, le ninfe mitiche animano i luoghi in cui si trovano sorgenti, grotte, corsi d’acqua. Sorprende dunque ancor meno che nel caso dei satiri trovarle sulle grondaie dei templi. I satiri potevano però avere un legame anche diretto con l’acqua, come dimostrano monete di Himera della seconda metà del V secolo con un satiro che si gode il getto d’acqua che esce da una grondaia leonina, probabilmente in allusione alle celebri fonti termali del luogo (Franke, Hirmer1972, p. 44, tav. 22, nn. 70 e 71). Satiri e ninfe possono infatti, sui tetti magno-greci ed etruschi, come abbiamo visto, accompagnare Acheloo, divinità delle acque dolci (Isler 1981, p. 12) e perciò anche di quelle piovane. Decorazioni di tetti di edifici sacri fatti di satiri, ninfe, maschere acheloiche in combinazione con piante e fiori rimandano, allora, alle forze vitali e feconde della natura: l’edificio che la comunità erige in onore delle proprie divinità viene assimilato a quanto vive e cresce nella natura. Per chi immagina il mondo come cosmo, cioè in termini mitici, il tetto del tempio diventa la zona di raccordo fra quelle forze e il cielo che manda l’acqua benefica. A quanto risulta dalla distribuzione geografica delle antefisse sileniche, questo modo di intendere il tempio e la sua decorazione architettonica viene espresso in modo assai più esplicito in Occidente che non nella madrepatria greca. L’elemento più appariscente che quella silenica ha in comune con gli altri soggetti di antefisse, soprattutto con quella più diffusa del gorgoneion, è il fatto di essere rappresentato come maschera. È persino stata avanzata l’ipotesi che 10 Isler-Kerényi 2004, pp. 74 s.; Brunori 2006, pp. 270-276; Buzzi 2007, pp. 12-16. 59 Ocnus 17, 2009 l’idea di ornare i tetti dei templi con antefisse fosse nata dall’uso, noto da santuari di Artemide, di esporre maschere cultuali (Mertens-Horn 1978, p. 65). A prescindere dal problema delle origini, la caratteristica più importante del viso in forma di maschera resta quella di esprimere nel modo più efficace il paradosso di uno sguardo ineluttabile combinato con la non-tangibilità fisica di chi guarda (Isler 1970, p. 114; Kerényi 1996, pp. 265-277; Frontisi-Ducroux 1984). Come ben esposto da Marconi, che giustamente rigetta il concetto adottato in modo improprio nell’Ottocento dell’«apotropaico» (Schlesier 1990, p. 43; Marconi 2007, p. 216), la maschera gorgonica, nel trasmettere il senso di una presenza incommensurabile, trascendente i limiti umani, incuteva timore e provocava un atteggiamento di devozione (Marconi 2007, pp. 214222). La sua collocazione in altitudine, approppriata a un essere mitologico di valenza aerea come la Gorgone (Isler-Kerényi 2009, p. 240) e in sintonia con l’idea che il tetto del tempio raccordasse la terra al cielo, cioè l’umano al divino, enfatizzava naturalmente tale effetto sullo spettatore. Un effetto analogo è da ipotizzare per la maschera del satiro. Il che sorprende in quanto l’iconografia dei vasi lo presenta come una figura sì inquietante, talvolta pericolosa, ma tendenzialmente piuttosto comica11. Resta difficile immaginare che potesse suscitare un senso di devozione. Le testimonianze qui prese in esame e la loro collocazione fanno però pensare proprio questo. Si ha anzi l’impressione che la maschera silenica potesse fare da pendant maschile della testa di Gorgone12. Se, d’altronde, una delle funzioni delle maschere era di collegare la sfera civile con quella, selvaggia e misteriosa, della natura13, la scelta di quella del satiro era certamente la più indicata. Accogliendolo fra i soggetti di antefissa si attestava al satiro, sia in Grecia, sia in Occidente e in Etruria, una valenza che andava oltre l’ambito personale e interessava la comunità come tale. La dimensione poliade del satiro è d’altronde ben documentata dalle monete di Naxos, dove, in sostituzione al grappolo d’uva delle emissioni arcaiche, compare, nel V secolo, la figura accovacciata del satiro sul retro, mentre sul verso è rappresentato il patrono della città Dioniso (Franke, Hirmer1972, tavv. 2-4). Un’altra prova della dignità poliade del satiro è data dalla monetazione di Aitna fra il 476 e il 466 a.C. che, sui suoi tetradrammi presenta una bella testa di sileno incoronata d’edera sul verso e, sul retro, Zeus stesso in trono oppure il suo fulmine (Franke, Hirmer1972, tavv. II e 11, nn. 33 e 34)14. Emissioni in elettro di Kyzikos fra il 550 e il 450 a.C. con un satiro associato al tonno, simbolo della città, o all’anfora (che allude al commercio del vino) dimostrano che tale valenza poliade era percepita non solo in Occidente e anche oltre il V secolo15. Il che non può in realtà sorprendere chi si rende conto del fatto che anche in Dioniso, la divinità di riferimento del satiro, al suo aspetto “altro”, messo in rilievo dagli autori tragici, fa da complemento quello di patrono delle grandi feste della polis (Vernant 1990, pp. 215-246, soprattutto pp. 238 s.; Seaford 2006, p. 36). Riassumendo, si può constatare che la scelta della maschera di sileno come soggetto di antefisse si spiega in Etruria analogamente a come si spiega in ambito greco: in quanto equivalente alla ninfa, al mondo vegetale e all’acqua piovana, e in quanto particolarmente affine alla maschera per eccellenza, il gorgoneion16, caratte- 14 11 12 13 60 Cfr. Lentini 1995, a proposito dei sileni su antefisse dipinte di Naxos. Cfr. inoltre i satiri etruschi del Pittore di Micali: Simon 1997, n. 28b. Come esplicitamente dimostra il noto modellino di tempio di Sabucina se nel timpano presenta, in perfetta equivalenza con una maschera di Gorgone, una maschera di satiro: Marconi 2007, p. 49, fig. 18, e p. 214. Kerényi 1996, p. 265: «Mit den Masken kam etwas von der freien Natur, ein Aspekt der antiken Landschaft selbst in das Haus, die Aura eines Geheimnisses der Landschaft, das gewisse Maskentypen besonders andeuteten». 15 16 Caccamo Caltabiano 2008 (ringrazio sentitamente l’autrice per avermi messo a disposizione il suo testo). Vedi anche a Katane: Franke, Hirmer 1972, tav. 15 nn. 45 e 46. Franke, Hirmer 1972, tav. 198, nn. 706 e 707; tav. 200, n. 722: IV sec.; tav. 202, n. 729: Lampsakos, IV sec. Sul verso di stateri aurei di Pantikapaion del terzo venticinquennio del IV secolo (Franke, Hirmer 1972, p. 99, tav. 142, nn. 440, 441) la testa silenica incoronata d’edera viene interpretata come Pan, il che alluderebbe al nome della città. Nell’elenco di visi frontali in Korshak 1987 quelli di satiri sono in larga maggioranza: 98 su un totale di 253. Cornelia Isler-Kerényi rizza il tetto del tempio come zona di raccordo e di tramite fra la terra e il cielo. Il satiro con la leonté Nella serie delle antefisse con maschera silenica in zona etrusca compare però, in siti diversi e non prima del V secolo, un elemento iconografico nuovo e inaspettato: la pelle leonina (fig. 5)17. Si pensa naturalmente subito a una contaminazione con l’iconografia di Eracle. Tenuto conto del numero non esiguo di esempi e della loro collocazione vistosa su edifici sacri è però difficile immaginare che si tratti di un’interferenza casuale o dovuta a ignoranza. Tanto più che la leonté risulta in un caso di Satricum indossata anche dal satiro che forma gruppo con una ninfa (fig. 6). Non solo la presenza massiccia di Eracle sui vasi greci importati ma anche la sua enorme popolarità in tutte le fasi dell’arte etrusca dimostrano quanto la figura e la sua mitologia fossero in Etruria fra le più familiari (Schwarz 1990), evidentemente ben accolte da una società rimasta sostanzialmente fedele ai propri connotati gentilizi (Massa-Pairault 1999, p. 127)18. È d’altronde un fatto noto che Eracle, per quanto intrepido e valoroso (Levêque 1999, p. 641) – caratteristiche espresse soprattutto dalla leonté, trofeo della più gloriosa delle sue fatiche – veniva anche in Grecia spesso sentito come affine ai satiri, tanto da renderlo il personaggio mitologico più frequente nel dramma satiresco attico (Krumeich 1999, p. 56). Nel dotare la maschera silenica, come Eracle, della pelle leonina l’artigiano etrusco intendeva metterne in luce la facoltà e la volontà, se necessario, di difendere il tempio. Lo conferma l’esempio noto più antico, un’antefissa di Caere nota in tre esemplari e datata ancora alla seconda metà del VI secolo (Andrén 1940, pp. 34), con la figura intera, seduta frontalmente, di un satiro che indossa la pelle leonina e che, nel 17 18 Andrén 1939, tavv. 30, n. 106 (Falerii), 34, n. 118 (Falerii), 51, n. 164 (Falerii), 68, nn. 222 e 223 (Orvieto), 69, n. 225 (Orvieto), 87, n. 310 (Chiusi). La pelle animale indossata normalmente dal satiro è quella di pantera (o leopardo): Simon 1997, nn. 103, 123. Come tale si prestava a trasmettere messaggi politici diversi: Briquel 1999. sollevare la destra con il palmo aperto verso l’esterno, sembra voler rivolgere allo spettatore un messaggio rassicurante (fig. 7-8)19. La leonté di questi satiri etruschi fa pensare, oltre a Eracle, alle grondaie leonine, le più frequenti sui templi greci, ma anche su fontane e propilei. Se gli altri motivi considerati – gli elementi vegetali, il gorgoneion, la ninfa, il satiro, Acheloo – sono risultati approppriati come decorazione dei tetti di edifici sacri in quanto rimandavano alla zona di congiunzione e di tramite fra la natura e l’acqua piovana, fra la terra e il cielo, già Mertens-Horn si è chiesta il perché della scelta più che frequente, abituale, in questa collocazione della protome leonina (Mertens-Horn 1988, pp. 16-18)20. A parte l’affinità, data dalla criniera, dai grandi occhi e dalle fauci spalancate, del muso leonino con il gorgoneion, deve aver favorito la scelta il ruolo diffusissimo del leone come guardia delle fontane e, per estensione, di luoghi sacri in genere, anzitutto di sepolcri (Mertens-Horn 1986, pp. 21-23). Un legame con la sfera celeste è dato in particolare per il leone di Nemea, ritenuto da alcune tradizioni mitografiche figlio di Selene, la Luna, e, comunque, collocato infine nello Zodiaco (Kerényi 2001, pp. 373-375). Che i satiri delle antefisse con i visi incorniciati dalla leonté difendessero il tempio e la sua sacralità, e con ciò l’ordine cosmico e della città, è allora un’idea da estendere, perlomeno come ipotesi, anche alle altre più antiche maschere sileniche. La valenza guerriera dei satiri non è d’altronde nuova nemmeno nella concezione greca: lo dimostrano sia la partecipazione dei satiri alla gigantomachia (Gasparri 1986, pp. 474, n. 609; 476, nn. 635-638; 640, 641), sia gli emblemata di scudi con protome di satiro (Simon 1997, nn. 187 e 188.; Isler-Kerényi 2004, p. 61, fig. 31) (fig. 9)21. Nuova è invece l’idea di dotare la maschera silenica della pelle 19 20 21 Come rivela la fotografia qui pubblicata alla fig. 9, i satiri con pelle leonina si alternavano a satiri ricavati dallo stesso stampo, ma con la pelle di pantera, come quella indossata talvolta da satiri nella gigantomachia di Dioniso sui vasi attici a figure rosse: Simon 1997, n. 138. Per una breve rassegna degli esempi di età classica si veda Mertens-Horn 1986, pp. 38-57. Da ricordare, in questo contesto, anche alcuni fastosi elmi tarentini del IV secolo secolo a forma di testa silenica: Adam 1982. 61 Ocnus 17, 2009 Fig. 7. Antefissa con sileno seduto da Caere. Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptotek 188 (= Andrén 1939, tav. 10.33). Foto Museo. Fig. 6. Antefissa con coppia di sileno e ninfa da Satricum. Roma, Museo di Villa Giulia (= Andrén 1939, tav. 149.512 [II: 13e]). Foto Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, Roma. Fig. 9. Frammento di scudo in terracotta con maschera di sileno da una Amazzonomachia a Satricum. Roma, Museo di Villa Giulia (da Andrén 1940, p. 464, fig. 42). Fig. 8. Antefissa con sileno seduto da Caere. Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptotek 189. Foto Museo. 62 Cornelia Isler-Kerényi leonina, sintomatica della disinvoltura degli artigiani etruschi nel combinare in modo autonomo elementi iconografici tradizionali per adattare l’immagine greca al suo nuovo ambiente, creando così novità peculiari. Per concludere, disponiamo di ragioni sufficienti per ritenere che le antefisse sileniche dei tetti di templi etruschi fossero, come quelle greche, una decorazione tutt’altro che priva di senso. Non abbiamo avuto modo, in questa sede, di esplorarne l’eventuale significato politico. Ciò avrebbe richiesto una ricerca approfondita sulla situazione storica e sociale di ciascuna delle città che ha eretto templi dotati di antefisse sileniche con o senza leonté: c’è da augurarsi che un tale studio venga intrapreso in sede più competente. Per il momento valga l’ipotesi che il satiro, collocato come il gorgoneion, le ninfe e Acheloo nella zona di raccordo e di tramite fra la terra e il cielo, fra sfera umana e divina, esprimesse anche in ambito ufficiale etrusco il suo ruolo di mediatore dionisiaco, ben attestato dalla tradizione iconografica greca. Lo sguardo dei satiri cui il visitatore si sentiva, dall’alto, esposto nel muoversi dentro il santuario ne rinforzava il senso di appartenenza alla comunità e gli faceva nel contempo percepire, insieme ai propri limiti, l’incommensurabilità del divino. NOTA BIBLIOGRAFICA Adam 1982 = A.-M. Adam, Remarques sur une série de casques de bronze ou Tarente et les barbares dans la deuxième moitié du IVe, s. av. J.-C., in «MEFRA» 94.1, 1982, pp. 7-32. Andrén 1939 = A. Andrén, Architectural Terracottas from Etrusco-Italic Temples, Plates. Lund, Leipzig 1939. Andrén 1940 = A. Andrén, Architectural Terracottas from Etrusco-Italic Temples, Text. Lund, Leipzig 1940. Andrén 1974 = A. 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